Stranger Things: a un passo dal finale, l’evoluzione del brand e la sua legacy

Stranger Things: a un passo dal finale, l’evoluzione del brand e la sua legacy

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All’inizio sembrava “solo” una produzione nostalgica ambientata negli anni ’80; oggi è un universo narrativo che ha avuto un impatto culturale a livello mondiale. Stranger Things è la storia di un gruppo di giovani protagonisti che, nella tranquilla cittadina di Hawkins, scoprono che sotto l’asfalto e le villette a schiera c’è un abisso: una dimensione parallela, il Sottosopra, dove si annidano incubi e mostri.

Gli ideatori di Stranger Things sono i fratelli Duffer, autori che hanno saputo mescolare Spielberg, Stephen King, Carpenter, i videogame 8-bit e la musica anni '80 fino a creare qualcosa che somiglia a un franchise di film più che a una semplice serie televisiva.

La piattaforma che ha dato forma e forza a questo mondo è Netflix, che ha fatto del titolo uno dei suoi simboli, soprattutto in paesi come gli Stati Uniti e l’Italia, dove lo show è diventato argomento di conversazione da bar, social, scuola e ufficio.

In pochi anni si è passati da un timido passaparola a una vera e propria stranger things mania, con meme, cosplay, merchandising e tour nei luoghi delle riprese. Se un tempo erano solo Jedi e supereroi a dominare l’immaginario – Star Wars, Marvel, Bond, Disney Pixar – oggi, in quell’Olimpo pop, c’è anche un gruppetto di ragazzi in BMX che lottano contro un Demogorgon.

Ma Stranger Things non è soltanto una storia: è un caso di studio. Per capirlo, è utile ricordare brevemente cosa si intende per strategia di marketing: un insieme coerente di scelte con cui un brand decide come posizionarsi, come farsi notare, quali emozioni suscitare e quali relazioni costruire con il pubblico.

Nel caso di questo titolo, non parliamo solo di trailer e poster, ma di un mosaico complesso di collaborazioni, esperienze, branded content, operazioni sul territorio e online. Sotto la superficie, una domanda che ci interessa da vicino: cosa può imparare un brand da questo percorso?


 

Trama e nascita del fenomeno: il Demogorgon e i ragazzi di Hawkins

Prima di parlare della promozione di Stranger Things, partiamo col rispondere ad alcune domande base.

Qual è la trama di Stranger Things? Tutto parte dalla sparizione di un bambino, Will, e dall’arrivo di una ragazzina misteriosa con il cranio rasato e strani poteri psichici, Eleven (Undi in Italiano). Da lì, stagione dopo stagione, vediamo i personaggi crescere, affrontare nuove minacce, stringere alleanze e provare a tenere insieme vite normali e destino del mondo.

Chi è il primo mostro di Stranger Things? Nella prima stagione il nemico principale è il Demogorgon, creatura antropomorfa dal volto-fiore pieno di denti, che trascina le vittime nell’altra dimensione. È il simbolo perfetto del lato oscuro che irrompe nel quotidiano: basta un taglio sottile tra le pareti di casa perché l’orrore si affacci.

Il successo iniziale è dovuto alla qualità del racconto e al carisma dei protagonisti di Stranger Things. Il giovane cast – Finn Woldhar, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Noah Shnapp e gli altri – viene presentato al pubblico attraverso interviste, tour, un lungo junket internazionale che rende questi volti familiari e amati.

Dal punto di vista del business, è qui che comincia a delinearsi la strategia di visibilità: il prodotto narrativo esiste, ma va accompagnato, spiegato, fatto entrare nel cuore delle persone.

Già dalla prima stagione compaiono i primi accenni di product placemenet (anche nei piccoli marchi che vediamo sui tavoli e nei frigoriferi), segnale di come l’universo creato dagli autori si presti a dialogare con altri brand, senza spezzare l’incanto.

Le premesse ci sono tutte: un mondo coerente, personaggi forti e una fanbase in rapido ampliamento. È il momento in cui molti iniziano a intuire che Stranger Things non è solo una moda del momento, ma un potenziale capolavoro generazionale.


 

Seconda stagione: espansione dell’universo e primi esperimenti

Con la seconda annata, la storia di Stranger Things diventa più dark: scopriamo che il Demogorgon era solo la punta dell’iceberg e che esiste un’entità più grande, il Mind Flayer, decisa a colonizzare il nostro mondo.

La cittadina viene pervasa da tunnel, spore, visioni. Crescono anche le dinamiche tra i personaggi; i ragazzi non sono più bambini, litigano, si innamorano, si dividono.

Sul piano del marketing, la seconda stagione di Stranger Things è il momento in cui lo show smette di essere "solo" un titolo di catalogo e diventa un asset strategico. Vengono organizzate premiere globali, eventi con fan, attività online che assomigliano a una caccia al tesoro – trailer con dettagli nascosti, siti fittizi legati a laboratori misteriosi, account social che parlano come se fossero parte dell’universo narrativo.

Questo è anche il periodo in cui iniziano a diffondersi i primi numeri sul fenomeno di Stranger Things come business: non conosciamo bilanci ufficiali, ma le stime parlano di un giro d’affari che, tra nuovi abbonamenti, licensing e merchandising, supera ampiamente il miliardo di dollari, fino a sfiorare – negli anni successivi – i due miliardi complessivi di fatturato.

Quanto ha fatturato Stranger Things? Non c’è un’unica cifra ufficiale, ma tutte le analisi concordano su un impatto economico paragonabile ai grandi fenomeni pop del passato.


 

Terza stagione: il centro commerciale, i brand e il marketing esperienziale

La terza stagione di Stranger Things è ambientata nell'estate del 1985: il nuovo "palcoscenico" è lo Starcourt Mall, un centro commerciale in cui si incrociano adolescenza, consumi e complotti sovietici. Narrativamente è il trionfo del colore, dei neon, dei gelati, dei flipper; strategicamente è il momento in cui Stranger Things abbraccia pienamente il marketing esperienziale e non convenzionale.

All’interno della storia, uno dei personaggi più amati, Steve Harrington, lavora nella gelateria nautica Scoops Ahoy. Questa finzione prende vita quando Baskin Robbins decide di creare un vero negozio-set: il più celebre è il Baskin-Robbins a Burbank, frutto di un minuzioso restyling che trasforma un punto vendita reale in un ambiente identico a quello visto sullo schermo, con divise per i dipendenti uguali a quelle di Steve e Robin. Qui i fan possono letteralmente entrare nella scena, gustare gusti a tema e fotografarsi nel "loro" Starcourt Mall.

Parallelamente, la moda intercetta l’onda lunga: marchi come Pull & Bear lanciano collezioni ispirate ai look anni ’80 del cast, mentre l’universo casa si muove in un’altra direzione ancora. Nasce la campagna pubblicitaria “IKEA in real life”, una serie di visual in cui, con estrema cura, vengono ricreati i salotti più popolari della televisione usando solo prodotti del catalogo, inclusi gli oggetti del catalogo nei salotti di Stranger Things, Friends e I Simpsons.

In un colpo solo, IKEA ribadisce la propria versatilità e rende omaggio a spazi iconici dell’immaginario collettivo: la parete di luci e lettere di casa Byers diventa un puzzle di codici articolo.

Qui vediamo la massima espressione di declinazione pubblicitaria: la storia non è solo "riflessa" in spot e materiali, ma diventa il linguaggio attraverso cui altri marchi parlano di sé. Questa è la logica del branded content ben fatto: non limitarsi allo scambio di loghi, ma costruire storie in cui la collaborazione abbia senso narrativo e valga la pena di essere vissuta.


 

Stranger Things Ikea

Quarta stagione: monumenti, Doritos e musica come portale

La quarta stagione di Stranger Things alza ulteriormente la posta. Il nuovo antagonista, Vecna, porta l’orrore su un piano quasi metafisico e la trama si apre su più fronti. Mentre la lotta contro il male si fa globale, anche la comunicazione esce dagli schermi.

Viene lanciata una gigantesca campagna promozionale out-of-home che fa apparire crepe del Sottosopra su monumenti e luoghi di interesse in tutto il Mondo, con proiezioni e installazioni che trasformano facciate e piazze in portali.

In quartieri creativi come Shoreditch, a Londra, compaiono cartelloni in stile anni ’80, arcade pop-up, micro-eventi immersivi. A livello globale si moltiplicano i prodotti e brand presenti nello show e nella sua comunicazione: dagli snack ai giocattoli, fino alle capsule collection di moda.

In questo contesto entra in gioco Doritos, che organizza un grande concerto virtuale ispirato a un finto festival del 1986 "finito" nel Sottosopra, con alcuni dei più grandi nomi degli anni ’80 che si esibiscono in streaming per i fan.

Nel frattempo, il cibo consegnato a casa diventa esso stesso parte del racconto: la collaborazione con Domino’s Pizza sfrutta l’idea dei poteri telecinetici di Eleven per sviluppare esperienze digitali che giocano con l’ordine "a distanza", trasformando un gesto quotidiano in esperienza multidimensionale per i fan.

Sul fronte musicale, la stagione rende omaggio a Kate Bush, la cui canzone “Running Up That Hill” diventa colonna sonora emotiva della lotta di Max e torna in cima alle classifiche, riportando al centro del discorso una cantante che molti spettatori più giovani scoprono proprio grazie allo show.

È l’ennesima prova della capacità della produzione di Stranger Things di cavalcare l’onda dell’hype e, allo stesso tempo, di riattivare il patrimonio sonoro degli anni ’80 in modo organico alla storia.


 

Verso il finale: quinta stagione, battaglia e legacy

E arriviamo alla domanda cruciale: Come finisce Stranger Things? Al momento... non lo sappiamo ancora! La quinta stagione sarà l’ultimo capitolo e assisteremo a una grande battaglia finale. Il racconto porterà gli spettatori a vivere il finale di Stranger Things così come è stato immaginato sin dall’inizio dagli autori.

Hawkins è ferita, il Sottosopra preme, le relazioni tra i personaggi sono al limite.

Quando ci sarà la stagione 5 di Stranger Things? Le comunicazioni ufficiali parlano di un’uscita scaglionata in tre blocchi, distribuiti tra fine 2025 e le festività di fine anno, in modo da trasformare ogni rilascio in un evento.

  • - Volume 1: 26 o 27 novembre 2025
  • - Volume 2: 26 dicembre 2025
  • - Episodio finale: 1° gennaio 2026

È una scelta che permette di costruire attesa, discorso e ritualità: ogni parte diventa una piccola festa collettiva per la community.

In questo contesto, il ruolo del regista di ciascun episodio e di ogni produttore creativo sarà quello di chiudere i cerchi senza togliere ossigeno al futuro: perché, anche se la storia principale finisce, l’universo può proseguire con spin-off, special, magari un giorno anche film per il cinema.

La sensazione è che ci troveremo davanti non solo a un semplice episodio conclusivo, ma a un finale definitivo, pensato per restare nella memoria collettiva.


 

Come gestire la legacy di Stranger Things? Si chiude una porta... si apre un PORTALE

Mettiamoci ora nei panni di un’agenzia di comunicazione. Se avessimo in mano un immaginario così fruttuoso, come lo accompagneremmo oltre la chiusura della trama?

Per prima cosa, considereremmo Stranger Things come un ecosistema di contenuti più che come un singolo prodotto: podcast che raccontano retroscena, docuserie sul making-of, libri illustrati che approfondiscono il Sottosopra, mostre itineranti con oggetti di scena.

Potremmo immaginare una collaborazione continuativa con Baskin Robbins, reinterpretando Scoops Ahoy in chiave adulta come pop-up estivi, oppure un ampliamento della campagna di Burger King realizzata in partnership con Netflix, in cui il celebre "panino dal Sottosopra" torna per un periodo limitato come whopper capovolto, magari in una veste ancora più giocosa in cui sia "capovolto il logo del brand" sulle confezioni, con gli ingredienti presentati al contrario.

Un altro filone sarebbe quello degli interni e del design: riprendere la logica delle serie tv scelte da IKEA e costruire nuove versioni della campagna pubblicitaria “IKEA in real life”, ampliando il gioco sugli spazi iconici e sui legami emotivi con gli ambienti domestici.

Il tutto integrato con eventi sul territorio, magari in collaborazione con festival del cinema o della cultura pop, in cui si allestiscano piccoli "angoli Hawkins", opportunità per fare campagna promozionale out-of-home creativa e misurabile.

Non dimentichiamo che ogni brand vive attraverso le persone. La community potrebbe essere coinvolta in iniziative partecipative: fan-art esposte in galleria, maratone collettive, concorsi per racconti brevi ambientati nel Sottosopra, collaborazioni con illustratori e musicisti emergenti che reinterpretano le atmosfere anni ’80. In questo modo, l’eredità non si fossilizza, ma rimane fluida, pronta a dialogare con linguaggi e generazioni diverse.

Stranger Things ci ricorda proprio questo: una buona storia è sempre pronta ad aprire un portale. Si apre, ci fa entrare, ci cambia un po’. Certo, poi si chiude. Ma la porta resta lì, nel nostro immaginario, pronta a riaprirsi ogni volta che ne abbiamo bisogno.


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